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Cos'è

Verrà inaugurata sabato 13 settembre alle ore 11.00 la nuova palestra edificata nel vecchio centro sportivo in sostituzione dei capannoni dell'ex canapificio utilizzati fino al maggio 2012 come spazi sportivi.

La nuova struttura sportiva verrà intitolata a Bartolomeo Cavallari, dirigente sportivo e barbiere finalese che dal primo Novecento fino agli anni Sessanta del secolo scorso si è occupato di avviare e promuovere attività sportive, preoccupandosi soprattutto che fossero i giovani a poterle praticare.

Dopo il taglio del nastro alla presenza degli amministratori comunali e la benedizione da parte del parroco di Finale Emilia, don Daniele Bernabei, è prevista la donazione di un defibrillatore, da collocare nella nuova palestra, da parte dell'Associazione Volontari Pro Handicappati di Finale Emilia.

A seguire, esibizione delle pattinatrici dell'associazione sportiva "Artistic Skating La Torre" di Finale Emilia.

Infine momento conviviale offerto dall'Associazione Volontari Pro Handicappati.

La cittadinanza è invitata a partecipare.

Chi era Bartolomeo Cavallari

Bartolomeo Cavallari detto “Bortul” o “Burtlin”, classe 1899, a vederlo poteva essere tutto tranne che, per i tempi in cui è vissuto, un atleta. Eppure se lo sport finalese ha saputo ritagliarsi spazio in alcune discipline, anche al di fuori dei confini locali, è in buona parte merito suo.

Il suo negozio da barbiere, all'inizio di via Mazzini è stato per decenni una sorta di covo per sportivi praticanti e chiacchieranti e fu, probabilmente, la prima ricevitoria per le schedine del totocalcio, quando ancora si chiamava Sisal.

Il suo fisico era fortemente segnato, ma la passione sportiva era cristallina. Soprattutto per il calcio. Non è stato materialmente il fondatore del calcio a Finale, merito da ascrivere ad alcuni personaggi della borghesia locale (Guzzinati, Giovaninetti, Bisi, Abbotoni, Magni, Nannini) che, seppur giovanissimi, ancora prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, iniziarono a praticare il foot-ball sul prato nei pressi del foro boario, dove si svolgeva il mercato delle bestie (più o meno dove oggi sorge l'acquedotto).

“Burtlin” all'epoca aveva 10-12 anni, non molti di meno – in verità – dei primi protagonisti delle sfide calcistiche con la maglia del Finale, molti dei quali sarebbero diventati maggiorenni in guerra o non lo sarebbero diventati affatto, perdendo la vita al fronte.

È solo una volta terminato il primo conflitto mondiale che la figura di Bartolomeo Cavallari, pur ancora giovanissimo, inizia a emergere, ritagliandosi uno spazio, da organizzatore e promotore, nel mondo del calcio finalese.

Non risulta sia mai stato presidente, ma la vera anima del calcio finalese era lui.

Era lui che si occupava di trovare i giocatori da mettere a disposizione dell'allenatore, raccogliere le risorse necessarie a disputare campionati, organizzare le trasferte (che non era mica roba da ridere, se si pensa che a cavallo degli anni Trenta, il Finale doveva andare a giocare le proprie partite anche a Vicenza, Treviso, Trieste, Gorizia, Fiume, Pola...).

Ed è lui che appare in tante foto, in età diverse, accanto ai suoi ragazzi, anche quelli del settore giovanile. Perché anche se il settore giovanile in realtà ancora non esisteva, il Finale aveva già una seconda squadra di ragazzi che si preparavano a rimpiazzare i titolari.

“Burtlin” non dedicava però il proprio tempo solo al calcio.

Si deve a lui, nel secondo dopoguerra, la rinascita della passione per il ciclismo con la formazione della mitica squadra dei “Sorci Verdi”, imbattibili atleti in maglia verde con maniche bordate di nero, i colori dello sport finalese, che hanno portato sulle strade della Regione, ed anche oltre, il glorioso nome della “Unione Ciclistica Finalese”.

Bartolomeo Cavallari è stato inoltre il fondatore- assieme a Siebel Capiluppi- dell’altra gloriosa “Società Sportiva Hockey e Pattinaggio Pattinatori Finalesi”, anche questa fucina di campioni sulle otto ruote, condotti dal recordman mondiale locale Guido Rivaroli.

Di Cavallari va evidenziata la particolare dedizione verso i giovanissimi locali. Li ha sempre amorevolmente spronati – al di là delle qualità atletiche possedute o meno da ciascuno - inserendoli nelle formazioni “ufficiali”, per dar loro soddisfazioni e con lo scopo di riuscire ad emulare quanti erano già affermati.

Un “vero uomo di sport”, che ha dato tutto sé stesso per la promozione di tante attività motorie che per diversi decenni, nella prima metà del secolo scorso, hanno procurato onore e gloria a Finale.

È scomparso all’età di 65 anni, il 6 settembre 1965.

Così lo ricordava lo scrittore finalese Giuseppe Pederiali in un breve racconto pubbliato dal quotidiano "Il Giorno":

Quell'anno che battemmo la Juventus                                  Giuseppe Pederiali

C'era una volta un barbiere che aveva il negozio in fondo alla strada del Ponte Nuovo. Si chiamava Burtlìn e la sua grande passione era lo sport. Ne parlava dalla mattina alla sera coi clienti che venivano a farsi la barba o i capelli, coi ragazzi che passavano a trovarlo, con chi non ne sapeva abbastanza delle regole del football o delle corse in bicicletta. Lui, Burtlìn, lo sport non poteva praticarlo: era nato con un corpo fragile e senza grazia, e forse per questo motivo amava tanto i suoi giocatori e i suoi corridori: si sentiva dentro di loro quando correvano dietro il pallone o pigiavano sui pedali.

Aveva messo insieme una squadra in epoca lontanissima. Quattro pali nel prato accanto all'argine. Fondò il Football club e vennero poi i tempi d'oro con la conquista della serie C.

Gli anni passavano, Burtlìn faceva barbe e raccontava ai clienti più giovani di quel famoso gol, del sofferto campionato del 1950, del rigore che c'era e non c'era una domenica del 1939 sul campo del Concordia.

Costretto a letto, in attesa del fischio, ormai sicuro che il Padreterno non gli avrebbe concesso i tempi supplementari, Burtlìn soffriva soprattutto per l'impossibilità di alzarsi e andare a vedere la partita, magari in trasferta, magari in posti lontanissimi come Argenta, Rubiera o Granarolo. Aspettava, dormiva e sognava. E tra i sogni riuscì a infilarcene uno che altre volte aveva fatto a occhi aperti, senza confidarlo a nessuno: la sua squadra che affrontava la Juventus, proprio qui, sul campo sportivo comunale, in fondo a via della Rotta.

Nel sogno mise insieme una formazione scegliendo giocatori di epoche diverse, ragazzi che gli avevano dato molte soddisfazioni. Sorrise nel vederli allineati per la fotografia, sei in piedi e cinque accosciati e lui, come sempre, di fianco al poriere, sorridente e orgoglioso di quella squadra che stava per affrontare la Juve: Spulvrùzz, Falco, Bubo, Litghìn, Polesìn, Pancian, Me-fiòl, Corrado dla mora, Busana, Alegro, Gambina.

I vari nomi, Poletti, Superbi, Abottoni, Borsari o Diegoli non li conosceva nessuno. Gli scucmai, cioè i soprannomi, raccontavano da soli le imprese degli undici campioni, e così li conoscevano i tifosi di ogni angolo della Bassa. Spulvrùzz, il portiere, detto così perché a ogni parata, tempo permettendo, sollevava nuvole di polvere. Me-fiòl, sempre seguito da suo padre che dal bordo del campo si rivolgeva agli altri giocatori gridando: “Pasa la bala a me fiol! Passa la palla a mio figlio!”. Fino a Gambina, centrattacco che la gambina ce l'aveva davvero d'oro.

La folla aveva riempito la piccola tribuna e i bordi del campo. C'era tutto il paese, anche quelli che non avevano mai visto una partita. E in cielo brillava un bel sole, dentro il cielo azzurro chiaro com'è il cielo della pianura in primavera.

Entrò in campo la squadra della Juventus, accolta da un applauso del pubblico sportivo. Ed entrò l'arbitro.

Burtlìn sedette in panchina, nel posto che occupava da mezzo secolo. Sapeva di sognare, ma ugualmente gli batteva il cuore: quella non era una partita come le altre, e la palla era sempre rotonda, anche se sognata.

La Juve, da quel grande squadrone che era, giocò un bellissimo primo tempo. Sfiorò il gol con un palo e con una punizione che Spulvrùzz parò di pugno. Il Football Club faticava a ingranare, forse intimidito dalla reputazione degli ospiti. Alla fine del primo tempo, come sempre, Burtlìn si recò negli spogliatoi e fece un discorsetto ai giocatori. Li caricò, individuò con loro i punti deboli della squadra avversaria. E tornò in panchina.

Il secondo tempo iniziò con una bella azione di Alegro, seguita da un triangolo tra Pancian e Busana. Ma tiri in porta zero.

Mancavano due minuti alla fine della parita, Bubo passò la palla a Me-fiòl, Me-fiòl penetrò la difesa juventina, Gambina era sulla sinistra, raccolse la palla, il portiere juventino si spostò in avanti per controllare la situazione e Gambina con un perfetto pallonetto lo scavalcò.

Gol.

Burtlìn sorrise. In quel momento l'arbitro fischiò la fine della partita.

E Burtlìn lasciò il campo. Per sempre.

A chi è rivolto

tutti

Tipo evento

Eventi sociali

Luogo

Centro sportivo

via Monte Grappa - FINALE EMILIA - 41034

Date e orari

Costi

gratuito

Contatti

telefono: 0535 788232fax: 0535 788130email: sport@comune.finale.mo.it

Ultimo aggiornamento: 10-09-2025, 09:22